La tentazione di andarsene by Lorenzo Bini Smaghi

La tentazione di andarsene by Lorenzo Bini Smaghi

autore:Lorenzo, Bini Smaghi [Bini Smaghi, Lorenzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Contemporanea
ISBN: 9788815332653
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00


16.

Fatti, non solo promesse

La linea suggerita per proseguire il processo di integrazione europea, che consiste nel combinare ulteriori passi avanti istituzionali con una maggior convergenza economica, appare sempre più complessa, per vari motivi. Il primo, ricordato in precedenza, riguarda la difficoltà di realizzare progressi in entrambi i percorsi, quello istituzionale e quello relativo alla convergenza economica. Prima la convergenza o prima le modifiche istituzionali? Un dilemma in realtà non nuovo per l’Europa. Il rapporto dei cinque presidenti, del giugno 2015, sembra propendere per una fase iniziale di convergenza, fino al 2025, quando dovrebbero entrare in vigore mutamenti istituzionali rilevanti. D’altro canto, c’è da chiedersi come sia possibile fare progressi nella convergenza in un contesto istituzionale incompleto, che scoraggia gli investimenti e lascia le parti più deboli esposte a rischi di instabilità e con una rete di protezione incompleta. Inoltre, la convergenza dovrebbe avvenire non solo per quel che riguarda il risanamento delle finanze pubbliche e le riforme strutturali ma anche per quel che riguarda l’eccesso di risparmio complessivo dell’Unione, determinato in particolare dal surplus delle partite correnti in alcuni paesi.

La risposta a questo dilemma comporta una doppia strategia. Da un lato, i paesi che si collocano nella prima categoria, cioè che devono ancora risanare le finanze pubbliche e realizzare le riforme, devono poter beneficiare di un tempo adeguato e di sufficiente flessibilità nell’interpretazione delle regole di bilancio, per realizzare l’obiettivo di convergenza. Dall’altro, i paesi in surplus di risparmio devono mettere in atto politiche di riforme e di rilancio degli investimenti, in modo da contribuire al riassorbimento dello squilibrio esterno e ridurre l’impatto deflazionistico.

La prima parte della strategia si basa su uno scambio tra risanamento delle finanze pubbliche e riforme strutturali. È ciò che è avvenuto per la Germania nel 2003, quando il governo Schröder chiese di poter mantenere un disavanzo pubblico sopra il limite del 3% per un anno in più del previsto, in modo da evitare effetti troppo recessivi in una fase di ampie riforme. Grazie a quella concessione del Consiglio dei ministri europei, contro il volere della Commissione, la Germania riuscì ad ammodernare la propria economia e ad agganciare la ripresa internazionale. Il Patto di stabilità fu rivisto in quella occasione e reso più flessibile. È proprio a quella flessibilità che si è appellato nel 2014 il governo italiano, presieduto da Matteo Renzi, per chiedere un percorso di rientro del disavanzo meno stringente, in cambio di riforme strutturali e di un pacchetto di investimenti pubblici. Questa richiesta fu recepita, nei margini concessi dalle procedure comunitarie previste nel Patto di stabilità e nel fiscal compact. All’Italia fu concesso di non ridurre il disavanzo, come richiesto dall’applicazione stretta delle regole, sia nel 2015 sia nel 2016. Anche nel 2017 è stata avviata una trattativa per mantenere margini di flessibilità nel processo di riduzione del disavanzo.

Di fatto, dal 2013 in poi la politica fiscale italiana non è più restrittiva. Esaminando il saldo tra le entrate e le uscite della pubblica amministrazione, il deficit è aumentato dal 2,7% del prodotto lordo nel 2013 al 3% nel 2014, per poi scendere al 2,6% nel 2015 e al 2,4% nel 2016.



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